domenica 11 settembre 2016

1956-2016 NAPOLI E L’ANNO UNGHERESE DELLA LIBERTA’

1956-2016  In occasione del sessantesimo anniversario della rivoluzione ungherese, il governo magiaro ha consacrato il 2016 come anno speciale, A magyar szabadság éve (L’anno ungherese della libertà).  Il culmine delle commemorazioni coinciderà con il mese di ottobre. Tuttavia sono diversi gli appuntamenti e i progetti che già dalla fine dello scorso anno si stanno susseguendo e che occuperanno anche parte del 2017.  Gli ambiti coinvolti sono i più svariati: cinematografia, letteratura, restyling urbano, promozione scientifica e culturale (per i dettagli facciamo rimando al sito ufficiale http://www.magyarforradalom1956.hu/ ).
 
Napoli e le realtà di rappresentanza della comunità ungherese presente sul suo territorio, si mostrano partecipi del comune sentire della nazione magiara a più di mezzo secolo di distanza da un evento esaltante e tragico al tempo stesso. Con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ungheria, l’associazione culturale Maria d’Ungheria regina di Napoli, il Consolato d’Ungheria a Napoli, l’Università degli Studi di Napoli l’Orientale con la partecipazione dell’Associazione culturale Prometeo, aderiscono convintamente a “L’anno ungherese della libertà” e con un video prodotto per l’occasione vi invitano a seguire le prossime iniziative.


giovedì 30 giugno 2016

L’UNGHERIA SALUTA CON ONORE LA FRANCIA. COSA RICORDEREMO DELL’EUROPEO DEI MAGIARI

La marcia dei tifosi ungheresi per le strade di Marsiglia
L’ultima volta che l’Ungheria giocò una competizione internazionale c’erano ancora Germania dell’Ovest e Unione Sovietica. Da allora la carta geografica è cambiata e insieme ad essa è cambiato il calcio. La lunghissima traversata nel deserto dei magiari si è conclusa con la qualificazione agli Europei di Francia.Dopo i sorteggi e la composizione dei gironi nel dicembre scorso, era ipotizzabile - ma non scontato - che contro Islanda, Austria e Portogallo la qualificazione fosse “sulla carta” alla portata. Così è stato. Anzi è stato di più. L’Ungheria è passata agli ottavi di finale come imbattuta e prima della (sua) classe. Il raggiungimento di unsimile traguardo, per chi nella propria memoria sportiva può annoverare Ferenc Puskás e la “squadra d’oro” che ha incantato il mondo intero,quasi non meriterebbe la risonanza e le celebrazioni che ne sono derivate. Tuttavia la lunga attesa, le aspettative di una nazione che ha riscoperto improvvisamente il calcio, le emozioni suscitate nonché il modo in cui è maturata l’eliminazione meritano una breve rassegna per scoprire cosa ricordare dell’avventura magiara agli Europei.

I tifosi in trasferta.
Non dimenticheremo facilmente le marce di migliaia di tifosi magiari verso lo stadio prima delle partite, una autentica onda rossache ha invaso i centri cittadini di Bordeaux, Marsiglia, Tolosa, Lione. Il calore del tifo si è trasmesso poi sugli spalti coinvolgendo anche i calciatori che ad ogni gol correvano a festeggiare sotto le curve, cercando il contatto fisico, l’abbraccio con i propri sostenitori mettendo a dura prova stewards e forze dell’ordine.

Strade e binari bloccati sul körút di Budapest
Gábor Király, il portiere ungherese
Budapest in tilt.
Una consuetudine di questi Europei la capitale danubiana paralizzata nei post-partita. Fiumane di persone in strada a sfilare. Percorsi preferiti ii binari dei tram. Mai conducenti dell’efficientissimo trasporto pubblico di Budapest sono stati più accondiscendenti. Vigili e automobilisti a fraternizzare con le folle. Il calcio valeva bene qualche ora bloccati nel traffico.

Király
Tra le cose che il pubblico ricorderà di Euro2016 c’è la tuta di Gábor Király, il portiere magiaro. Canzonato e mitizzato al tempo stesso. La sua prima partecipazione ad un torneo internazionale con la “válogatott” (selezione)è entrata nella storia. Nessun altro ha giocato un europeo alla sua età. Eccentrico nell’abbigliamento. Burlone in campo, come quando rischia di disorientare i suoi stessi compagni di reparto passandosi la palla sotto le gambe o fingendo un rinvio lungo. Epico quando dopo un miracolo su punizione di De Bruyne si frattura l’articolazione del dito e se lo rimette a posto da solo (terminerà poi la partita senza problemi). Chissà se lo rivedremo ancora tra i pali, magari in mondovisione.

I migliori.
L’Ungheria deve ripartire da quelli che sono stati i migliori elementi. Tolti i senatori del gruppo, comeil capitanoDzsudzsák e Gera, che potranno dare un sicuro contributo nelle qualificazioni al prossimo mondiale, occorre menzionare chi in prospettiva può cresceree far parlare ancora di sé. Ci riferiamo ad esempio a Szalai, il gigante dell’attacco. Quasi impossibile sottrargli la palla e abile nel trattenerla per far salire i compagni nelle ripartenze. Lovrencsics, laterale di centrocampo con buona corsa e capacità di agire in supporto di attacco e difesa. I veri talenti poi sono Kleinheisler e Nagy. Entrambi giovanissimi, 43 anni in due. Il primo tignoso centrocampista offensivo, il secondo  regista onnipresente. Meritano di fare esperienza all’estero in campionati importanti.


La squadra canta l'inno nazionale sotto la curva dopo l'eliminazione col Belgio
L’eliminazione
Per quanto possa far male non si può non ricordare l’eliminazione con il Belgio. Le sconfitte mettono a nudo i limiti ed insegnano a non ricadere nell’errore. Con un pizzico di cattiveria agonistica in più e con un po’ di fortuna l’Ungheria, considerando pure il tabellonepiuttosto favorevole,  si sarebbe potuta ritrovare tranquillamente tra le prime quattro. E’ mancato il cinismo. Il tecnico tedesco Storck, altro protagonista da riconfermare, dovrà lavorare proprio su questo. Ordine e possesso palla non bastano.Quando l’avversario è in calo bisogna far male. E i “diavoli rossi” di Hazard potevano essere colpiti più volte. Il cinismo deriva anche dall’esperienza, e quest’ultima a sua volta nasce da una serie di fattori, due dei quali sono sicuramente più investimenti nel calcio professionistico e più pratica di campionati stranieri.La partecipazione a questi Europei è stata una utile vetrina che può generare per il calcio ungherese un circolo virtuoso. Non si poteva oggettivamente chiedere di più a questi ragazzi.Ora però il ghiaccio è rotto. Occhio al prossimo obiettivo, le qualificazioni ai prossimi mondiali. C’è da cantare ancora tanti inni nazionali con la mano sul cuore davanti ai propri tifosi. 








giovedì 23 giugno 2016

GOAL, SPETTACOLO E PRIMATO. MAGIARI IN DELIRIO. ORA IL BELGIO

La squadra magiara festeggia a fine partita con i tifosi
C’era il rischio che Ungheria-Portogallo avesse poco da dire e che magari il risultato fosse scritto in anticipo con i magiari già qualificati agli ottavi grazie al risultato di Germania-Irlanda del Nord del giorno precedente e con i più quotati lusitani di Cristiano Ronaldo alla ricerca della prima vittoria e del passaggio del turno. A Lione invece nulla si è rivelato scontato. I tifosi hanno assistito alla gara più spettacolare di questa prima fase degli Europei. Sei gol, due doppiette e portoghesi molto vicini alla capitolazione. Finisce 3-3, con l’Ungheria tre volte in vantaggio a chiudere il suo girone in testa nonché imbattuta, legittimando la qualificazione anche sul campo. E’ una autentica prova di maturità quella data dai ragazzi allenati da Storck.

Vista la ormai consueta “rivoluzione”dell’undici iniziale e considerati i risultati, si fa fatica a capire quale sia la formazione tipo. Le cosiddette seconde linee sono tutte parimenti competitive. La verità è che forse non esistono seconde linee. La rosa è composta da elementi di qualità equivalente, in altre parole una risorsa per un torneo con così tante partite da disputare in così pochi giorni.
Il vantaggio ungherese siglato da Zoltán Gera

La gara
In difesa, con Fiola ancora infortunato,Storck tiene a riposo il diffidato Kádár e butta nella mischia Korhut come terzino sinistro. I nuovi innesti rispetto alla gara con l’Islanda,Pintér, Gera, Elek e Lovrencsics popolano il centrocampo senza stravolgere quello che è tra i moduli preferiti dal tecnico tedesco, il 4-2-3-1. In avanti torna infatti anche Szalai. L’Ungheria non parte con lo stesso possesso palla delle gare precedenti, cosa oggettivamente difficile visto il pressing molto alto di centrocampisti e attaccanti portoghesi.I movimenti di Ronaldo, Nani e Joao Mario creano apprensione  ma non impensieriscono oltremodo la retroguardia magiara. Stavolta è l’Ungheria ad aspettare e a ripartire. Il vantaggio è un capolavoro del veterano Zoltán Gera che controlla di petto ed infila con una rasoiata di sinistro da fuori area la porta difesa da Rui Patricio. Ronaldo non punge perchè praticamente annullato da Lang e Lovrencsics. Quest’ultimo, sulla destra, è anche  una spina nel fianco della difesa portoghese e sarà difficile non immaginarlo più tra i titolari al ritorno di Kleinheisler. Il pareggio nasce da un’invenzione di Ronaldo che pesca in area Nani. Dopo la pausa succede tutto nei primi venti minuti con le squadre a creare azioni di pericolo ad ogni capovolgimento di fronte. Ungheria due volte in vantaggio e Portogallo due volte a rincorrere e a pareggiare con il solito Ronaldo. Il resto è solo stanchezza e paura (portoghese) di farsi ancora e troppo male. Nei minuti finali si opta consapevolmente per un pareggio che non scontenta nessuno.
Il goal del 3-2 di Dzsudzsák

L’allenatore
Probabilmente in ungherese  conosce solo la parola goulash ma conta poco perché questo allenatore tedesco sa esprimersi benissimo grazie alle sue strategie, sinora tutte appropriate e fruttuose. Ha coraggio a tenere fuori contro l’Islanda Szalai ovvero chi gli aveva sbloccato la gara con l’Austria. Nella stessa partita mette dentro la coppia Nikolic-Böde che propizierà l’autorete islandese. Con il Portogallo cambia mezza squadra attuando dei cambi grazie ai quali tutti calciatori della “válogatott” hanno esordito in questi Europei ad eccezione di secondo e terzo portiere.

Il capitano
Balázs Dzsudzsák è il migliore in campo e non solo per la doppietta. Una partita di corsa e di sacrificio la sua, a supportare l’attacco e a chiudere in difesa. La caparbietà con la quale poi cerca e trova il secondo goal personale fanno capire perché sia il giocatore ungherese più rappresentativo e l’indiscusso capitano della squadra.
La reazione nervosa di Cristiano Ronaldo al 3-2 magiaro

Cristiano Ronaldo
E’ indubbiamente una stella. È il solo ad animare e a concretizzare la reazione del Portogallo.Con la doppietta contro l’Ungheria è il primo giocatore della storia ad aver segnato in 7 competizioni internazionali consecutive (4 Europei e 3 Mondiali). Il colpo di tacco con cui firma il suo primo sigillo è delizioso. Un po’ meno deliziosa la reazione nervosa, ai limiti della crisi isterica, al goal del 3-2 ungherese.

Belgio
Sarà il Belgio domenica sera l’avversaria dei magiari agli ottavi di Euro 2016.Un’altra partita in cui sulla carta i valori tecnici pendono decisamente verso la parte belga per via dei vari Hazard, Fellaini, Mertens, Nainggolan. Tuttavia l’Ungheria non può ragionare da piccola anche perchè i numeri parlano di una squadra che ha tutte le carte in regola per superare il turno. E’ una partita da “dentro o fuori” da affrontare sapendo che non ci saranno prove d’appello. A mezzo secolo da un piazzamento così alto in un torneointernazionale, dopo la gara di ieri, ci sono tutte le premesse per battere altri record.  
Hajrá Magyarország, Hajrá Magyarok!


domenica 19 giugno 2016

L’UNGHERIA RINGRAZIA SAEVARSSON E VEDE GLI OTTAVI

I magiari esultano al Vélodrome di Marsiglia
Si aspettava la gara delle conferme. L’Ungheria doveva dimostrare di non essere venuta in Francia solo per battere i cugini “asburgici”. La risposta arriva, tardiva ma convincente. Minuto '88. Lo sfortunato Saevarsson spinge nella sua porta il pallone per anticipare affannosamente Böde servito dalla destra da Nikolic. La bolgia festante dei 21.000 tifosi in maglia rossa fa tremare il Vélodrome. I magiari acciuffano il pareggio. Tutto sommato la regola di questi Europei sembra essere che i goal decisivi arrivano tutti nel finale di partita.  E l’Ungheria si adegua. La verità allora resta una. Nel momento in cui scriviamo la squadra di Storck è ancora sola in testa alla classifica con ben due punti di vantaggio su Islanda e Portogallo, che non riesce ad andare oltre lo 0-0 con l’Austria. Girone equilibrato, giochi aperti, ma il vantaggio aritmetico è indiscutibile. La qualificazione agli ottavi è davvero ad un passo.

L’autorete è esente da ogni tipo di commento. E’ un colpo di fortuna, come può esserlo un rigore fallito o una traversa. Il pareggio tuttavia è il risultato più giusto per una partita che ha visto di fronte le classiche due nazionali dalle quali puoi aspettarti i due estremi: exploit e/o eliminazione imbarazzante. Ungheria e Islanda probabilmente non saranno niente di tutto questo e lo si è visto oggi. Entrambi però hanno legittimato la qualificazione ad Euro2016 giocando davvero discretamente.
L'errore di Király

Il tecnico tedesco risolve il rebus della difesa dovuto all’infortunio di Fiola spostando Lang a destra ed inserendo Juhász al centro insieme a Guzmics. La sorpresa è la panchina del gigante Szalai. In campo dal primo minuto la coppia Priskin-Stieber protagonista della seconda rete contro gli austriaci. I magiari cominciano decisamente meglio rispetto alla gara d’esordio. Dimostrano ancora una volta stessi pregi e difetti: bravissimi nel mantenere il possesso palla e in fase di costruzione della manovra ma poco pericolosi e troppo sufficienti in attacco. L’Islanda è organizzata per attendere e ripartire anche se i maggiori pericoli vengono dai calci piazzati. Dzsudzsák questa volta si vede di più anche perché cambia spesso posizione alternandosi con un altrettanto mobile Kleinheisler. Dalla tre quarti in poi mancano idee e verticalizzazioni necessarie per tentare di penetrare la barriera difensiva islandese. Il migliore in campo è Nagy. Il giovanissimo centrocampista del Ferencváros - 21 anni compiuti venerdì scorso -  dimostra personalitá e sicurezza di un trentenne. Corre più degli altri e imposta garantendo collegamento tra difesa e centrocampo. Quando lo 0-0 sembra a tutti il risultato più giusto per il primo tempo, Király non trattiene in uscita una palla alta in area. Un errore imperdonabile per il ”vecchio” degli Europei. Dalla sua disattenzione nasce l’azione che porta l’arbitro russo Karasev ad assegnare un rigore all’Islanda. Sigurdsson spiazza Király portando in vantaggio gli isolani.
L'autogol di Saevarsson che regala il pareggio. Böde era pronto a ribadire in rete

Nel secondo tempo il gioco di Islanda e Ungheria non cambia. Cambiano le motivazioni. I magiari cominciano a premere con il passare del tempo sacrificando ordine ed equilibrio. Quando Bernd Storck capisce che non c’è più nulla da difendere mette dentro tre attaccanti. Ancora una volta i cambi si rivelano appropriati e fruttuosi. Nikolic e Böde, rispettivamante capocannonieri dei campionati polacco e ungherese, danno molto fastidio e sono determinanti nell’azione del meritato pareggio.

Gli Ottavi sono ad un passo. Prima di questo traguardo c’è il Portogallo di Cristiano Ronaldo.  Un’altra opportunità per dimostrare che non si è finiti in Francia per caso. Un’altra occasione per fare festa e bloccare i tram sul körút. Hajrá Magyarország!




mercoledì 15 giugno 2016

SZALAI-STIEBER:IL DERBY AUSTRO-UNGARICO VA AI MAGIARI

La squadra ungherese festeggia con i tifosi a fine partita
Diciamolo pure. Anche con un pareggio l’Ungheria avrebbe fatto un figurone. 44 anni di assenza dagli Europei di calcio e 30 di digiuno mondiale non aiutavano i pronostici. Scarsissimi i guadagni previsti per scommesse sulla vittoria austriaca. Adesso invece i nipotini della Aranycsapat - la squadra d’oro di Puskás, Czibor e Hidegkuti - attendono comodamente in poltrona chi tra Portogallo e Islanda li raggiungerà in vetta alla classifica del gruppo F. I magiari battono 2-0 i “cugini” viennesi nella gara d’esordio ad Euro2016.

L’impresa è opera di un gruppo ordinato, ben organizzato sotto la guida di un allenatore tedesco, Bernd Storck, con alle spalle esperienze non esaltanti in Kazakhstan e Grecia. L’Austria si presenta con diverse già note individualità dal valore indiscusso come Alaba, difensore del Bayern Monaco, Dragovic e Fuchs, fresco di trionfo in Premier League con il Leicester di Ranieri. C’è poi Arnautovic ribattezzato - anche per la chioma da samurai – l’Ibrahimovic d’Austria . Il match parte come i più si aspettano. 

Passa solo un minuto e Alaba stampa sul palo il suo primo tiro. L’impeto iniziale dato dalla superiorità tecnica dei singoli viene meno però progressivamente, un po’ troppo presto. Basta un quarto d’ora ai magiari per prendere in mano le redini del gioco e capire che la differenza può farla solo un diligente e disciplinato lavoro di squadra. Il baricentro ungherese si alza notevolmente. La linea di difesa sale a vista d’occhio grazie ad una rete continua e precisa di fraseggi. L’Austria è quasi costretta sulla difensiva. Non le restano che  frettolose e imprecise ripartenze. L’Ungheria non produce molto negli ultimi sedici metri. Non è pericolosa. Il suo calciatore più rappresentativo, Dzsudzsák, è praticamente annientato e non si vede per un tempo intero salvo che per una diagonale da dimenticare. 

Il goal di Ádám Szalai (1-0)
Dopo la pausa, stesso copione. Grande equilibrio. Sono i centrocampisti magiari a distinguersi. Zoltán Gera, con tutta l’esperienza di un classe ’79,  sale in cattedra ed imposta praticamente ogni manovra. László Kleinheisler, capello ramato e fisico tarchiato è invece un tenace disturbatore, sempre presente e preciso nell’assistere l’attacco ungherese. E’ senza dubbio il migliore in campo. Corona la sua prestazione con uno scambio veloce e continuato che mette il gigante Szalai solo davanti al portiere. E’ il gol dell’uno a zero. Meritato. 
Il goal di Zoltán Stieber (2-0)

Incredula quanto improvvisa l’esplosione di gioia dei tifosi ungheresi. Segue la veemente reazione austriaca che si materializza in un gol (giustamente) annullato e nella successiva espulsione di Dragovic. A quel punto la superiorità numerica fa il resto. L’Ungheria continua a fare la sua partita. Stesso copione anche con attori diversi. Priskin e Stieber, appena entrati, confezionano il due a zero. Contropiede, cavalcata e tocco sotto con portiere in ginocchio. Il gesto atletico è pregevole. Sugli spalti è il tripudio. 

In questa serata “storica” tuttavia non può passare inosservato un altrettanto storico primato. Al fischio d’inizio il portiere Gábor Király - famoso per la sue tute di gioco felpate - con i suoi 40 anni,  è divenuto il giocatore più longevo a disputare una fase finale degli Europei. Sabato prossimo la storia può continuare al punto tale che un buon risultato può essere l’ipoteca per il passaggio del turno. In conclusione una nota doverosa. Nel momento in cui chiudiamo l’articolo, l’Ungheria è sola in testa alla classifica. Hajrá Magyarország!


domenica 8 maggio 2016

PRO CULTURA HUNGARICA: IL MESSAGGIO DI RINGRAZIAMENTO DI JUDIT JÁMBOR

Lo scorso 14 marzo, in occasione del ricordo della Guerra d'Indipendenza ungherese del 1848-49, la dott.ssa Judit Jámbor, presidente dell'Associazione culturale Maria d’Ungheria regina di Napoli, ha ricevuto il premio “Pro Cultura Hungarica” ovvero la più alta onorificenza che il Ministero della Cultura ungherese conferisce annualmente a chi si distingue nel campo della promozione culturale magiara all’estero. Di seguito il testo del messaggio di ringraziamento della dott.ssa Jámbor in italiano e in ungherese.

Ezév  március 14-én , az  1848-49 Szabadságharc  megemlékezése alkalmával, Judit Jámbor, a "Magyar Mária Nápoly Királynoje" elnevezésu nápolyi székhelyu magyar kulturális egyesület elnökét , tüntették ki a Pro Cultura Hungarica-díjjal. A Pro Cultura Hungarica-díj a magyar kultúra értékeinek külhoni megismertetésében és terjesztésében, valamint a magyar nemzet és más nemzetek muvelodési kapcsolatainak gazdagításában elévülhetetlen érdemeket szerzett külföldi állampolgárok részére adományozható. Az alábbiakban található Jámbor Judit elnök köszönete magyar és olasz nyelven.

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A TUTTI GLI AMICI UNGHERESI ED ITALIANI 
Il 14 marzo p.v. , in occasione della cerimonia, avvenuta  nella prestigiosa sede del Consolato Onorario d’Ungheria in Napoli,  in  ricordo della Rivoluzione e Grande Guerra d’Indipendenza  ungherese del 1848-49,  mi è  stato consegnato  dal dr.  Tamas Heintz, Primo segretario in affari consolari dell’Ambasciata d’Ungheria in Roma,  l’atto di conferimento del premio “Pro Cultura Hungarica” insieme ad una medaglia di bronzo. Il premio,  benchè personale,  desidero  condividerlo con  tutti coloro, che hanno contribuito  allo svolgimento  della mia attività  premiata  e che ringrazio. Come s’intuisce,  l’elenco è ampio. In  primo luogo intendo ringraziare il prof. Andrea Amatucci,  Console d’Ungheria in Napoli con giurisdizione per la Campania e per la Calabria , che ha sempre sostenuto  il  lavoro  dell’Associazione “Maria d’Ungheria Regina di Napoli”, di cui ho l’onore di essere la  Presidente e che si è  scelto un ruolo complementare a fianco del  Consolato al fine della promozione  delle iniziative volte  ad intensificare  i rapporti  culturali ed istituzionali  tra l’Ungheria e l’Italia. Va riconosciuta anche  la collaborazione,  sempre paziente,  della sua segretaria sig.ra Rosaria Citarella. Pari  merito va riconosciuto a  tutte le Istituzioni della Campania, della Calabria e di Ungheria, insieme all’Ambasciata d’Ungheria ed  all’Accademia  d’Ungheria in Roma,  ai  docenti  e agli studenti della cattedra   di lingua e letteratura ungherese dell’Università Orientale di Napoli, a  tutti i collaboratori dell’Associazione,  al dr.  Cristiano Preiner, che conduce con impegno professionale questa rubrica, ove  pubblica notizie ed  informazioni  di grande interesse, incluse quelle  inerenti all’attività  del Consolato d’Ungheria in Napoli,  con la collaborazione dell’Associazione Ungherese, ed al dr Francesco Manca, Presidente dell’Associazione Culturale Prometheo.    Ringrazio  anche il  gruppo degli ufficiali ungheresi  in servizio  periodico  a Napoli, che sono sempre presenti  agli eventi, tutti gli amici ungheresi ed  italiani,  che amano la  cultura e la storia dell’Ungheria.
Infine, sono molto grata al professore Peter Modos, il Direttore dell’Istituto di Cultura  per il Centro –Europa  di  Budapest  e Direttore  della Rivista culturale ungherese  “Viaggiatore d’Europa”, che ha promosso la mia  premiazione, ed  a tutti coloro che hanno  creduto  e continuano  a credere in me e nell’attività culturale  dell’Associazione.

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Tisztelt olvasók,  magyar  és olasz barátok
Ezév  március 14-én , az  1848-49 Szabadságharc  megemlékezése alkalmával , mely  Magyarország Nápoly  Tiszteltbeli Konzulátus  hivatalának   nagytermében  zajlott, dr Heintz Tamás, Magyarország Római Nagykövetség   I.o konzuli  ügyek titkára   a Pro Cultura Hungarica  elismerést és emlékplakettet adta át szerény  személyemnek.  A számomra igen megtisztelő  kitüntetést ezúton szeretném  megosztani és egyben megköszönni mindazoknak , akik ehhez hozzásegítettek.Sokaknak  tartozom köszönettel, először  prof. Andrea  Amatucci ,  Magyarország  Nápolyban működő Campania és Calabria tartományok  hatáskörével bíró  Tiszteletbeli konzul  úrnak , aki  mindig készségesen és tevékenyen  támogatta a “Maria d’Ungheria Regina di Napoli” -- “Magyar Mária Nápoly Királynője “ elnevezésű , nápolyi székhelyű magyar kulturális egyesület munkáját , melynek  örömmel és büszkeséggel vagyok vezetője. A kulturális egyesület ,  Magyarország  Nápolyi Konzulátusával  karöltve  több évtizedek óta  ápolja  és  segíti a magyar olasz kulturális és intézményes  kapcsolatokat.  Köszönetemet  fejezem ki  titkárasszonyának Rosaria Citarellanak, a   türelmes   és  önzetlen  munkájáért.  Őszinte  hálám ,   Campania és Calabria  tartományok  és természetesen a magyar Intézményeknek, az  értékes együttműködésükért, közöttük   Magyarország  Római Nagykövetségének  ,  a  Rómában működő  Magyar Akadémiának, a nápolyi “ Orientale” azaz a  Keleti Egyetem magyar tanszékén oktató tanároknak, az ott tanuló diákoknak , a “Magyar Mária Nápoly Királynője”  egyesület minden tisztelt  tagjának ,  munkatársának, első sorban   dr Cristiano Preinernek , e kiváló internet portál szerkesztőjének , aki  a  kulturális és  politikai aktualitások  mellett , folyamatos tudósítással  szolgál a rovat olavasóinak  az  Egyesület tevékenységéről ,  köszönettel  tartozom   dr  Francesco Manca úrnak, a Prometheo  kulturális intézmény elnökének, valamint  a Nápolyban időleges szolgálaton tartózkodó  magyar tiszteknek, családjaiknak és hozzátartozóiknak , akik  mindig örömmel  vesznek részt  rendezvényeinken,  végül minden kedves  magyar és olasz barátnak, akik szeretik  Magyarországot  és kedvelik a magyar  kultúrát  és történelmet .
Befejezésül  hálámat fejezem ki  Módos Péter  írónak, a Közép-európai  Kulturális Intézet igazgatójának,  az ismert Európai Utas  Alapítvány  című kulturális folyóirat főszerkesztőjének,  aki  felterjesztette  és  kitartással  szorgalmazta  megtisztelő kitüntetésemet , és  köszönet mindazoknak, akik  hittek  és hisznek a munkámban  és  az  általam vezetett Kulturális Egyesület  tevékenységében.

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venerdì 25 marzo 2016

15 MARZO UNGHERESE A NAPOLI:IL RICORDO DELLA GUERRA D'INDIPENDENZA E DEL CONTE SZÉCHENYI

Una piccola piazza napoletana, piazza Carolina, è particolarmente cara alla comunità ungherese residente nel capoluogo partenopeo. In occasione della festa nazionale  magiara del 15 marzo che ricorda la guerra d’indipendenza del 1848-49, vi si depone una corona per omaggiare la lapide che raffigura il generale garibaldino ungherese István Türr, primo governatore di Napoli. Quest’anno ricorre anche il 225-esimo anniversario della nascita dello statista István Széchenyi, tra i protagonisti del Risorgimento ungherese. Lo scorso 14 marzo, per il secondo anno consecutivo, la cerimonia si è svolta in presenza del prefetto di Napoli, Gerarda Pantalone. La commemorazione è poi proseguita presso la sede del Consolato d’Ungheria dove il Console onorario, Andrea Amatucci, nel discorso di saluto ha sottolineato con una punta di orgoglio come l’istituto che presiede è stato fondato ex-novo sotto la sua direzione.

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lunedì 23 novembre 2015

UNO SHYLOCK TUTTO UNGHERESE IN ITALIA:LA VICENDA DI UN EBREO VITTIMA DEL SUO PERSONAGGIO

György Hunyadkürti a Napoli
“In cosa differisce questa sera dalle altre sere?” chiede il membro più giovane della famiglia nella sera del seder, la cena in cui gli ebrei celebrando la Pasqua rievocano le persecuzioni del faraone e l’inizio dell’esodo dall’Egitto. La triste e amara attualità di questa domanda rivive in una delle battute di Tubal. Tubal è il protagonista di Shylock, lo spettacolo ideato sotto forma di monologo dall’attore e scrittore britannico Gareth Armstrong che è andato in scena in diverse città italiane nella prima decade di novembre. A portare sul palcoscenico questo monodramma è stata la compagnia ungherese del teatro Csiky Gergely di Kaposvár per la regia di Katalyn Kőváry. Nei panni di Tubal un’impeccabile György Hunyadkürti attore che l’Ungheria ha scoperto forse troppo tardi e che da un po’ di anni sta collezionando importanti riconoscimenti individuali. La tournée italiana è una definitiva consacrazione della sua carriera. Lo abbiamo conosciuto a Napoli per la prima nazionale di Shylock, fortemente voluto nel capoluogo partenopeo dall’Associazione culturale Maria d’Ungheria Regina di Napoli. Introverso, taciturno, schivo all’apparenza, dimostra nell’interpretazione un impeto, una profondità e una presa sul pubblico considerevoli, inattesi se si considera che il monodramma viene recitato in ungherese. Hunyadkürti è come lo ha descritto di recente la stampa magiara ovvero „uno che lavora sotto i riflettori ma che non vive sotto riflettori”. Dei premi ricevuti sembra disinteressarsi. „Sono del gruppo non miei” ribatte quasi infastidito al Consolato d’Ungheria a Napoli in conferenza stampa. „Tutti quelli che sono dietro alla realizzazione di un’opera sono importanti. Tutti gli elementi di una missione, anche gli spettatori”. 

Ringrazia tutti Hunyadkürti, anche quelli che “pur essendo in loro potere farlo, non hanno ostacolato la riuscita dello spettacolo”. Ad una domanda sullo stato dei rapporti tra il governo e la cultura in Ungheria risponde: “L’intellettuale deve essere un partner dialogante del potere. Cultura e politica abbiano sempre modo di conversare senza mai considerarsi né nemici né lecchini”. Ironia da vendere, saggio e lapidario nell’eloquio, quasi provato dal fisico, Hunyadkürti è perfetto per il suo personaggio: lui è Tubal. Lui è “un giudeo assai ricco” come viene presentato ne “Il mercante di Venezia” di Shakespeare di cui è praticamente solo una comparsa. Un ruolo minore, una sola scena la sua, sole otto battute scambiate con Shylock di cui è “amico, il suo migliore amico, l’unico amico”. Ma adesso è lui il protagonista, ha campo libero. Ora ha tutto il tempo per essere la voce narrante che fa conoscere a tutti il vero Shylock, i suoi limiti, le sue debolezze, la sua testardaggine, il dramma personale di una figura nata nella commedia shakespeariana anche per scatenare l’irrisione dello spettatore. Insieme a Shylock, ebreo dedito al prestito del denaro, rivive nel racconto appassionato di Tubal anche il contesto storico e geografico. La ricca Venezia crocevia del commercio internazionale dell’epoca. Multiculturale e tollerante, anche verso gli ebrei seppure fossero confinati in una zona ben definita e isolata della città: il ghetto. Racconta e spiega Tubal. Le otto righe della sua scena con Shylock sono il pretesto per viaggiare nel tempo.
 
Conferenza stampa di Hunyadkürti al Consolato Onorario d'Ungheria a Napoli

Tutta la trama della commedia di Shakespeare appare quasi secondaria, sicuramente parallela  allo sviluppo di un’altra vicenda, l’antisemitismo descritto attraverso aneddoti, storia e leggenda.  Se come ricorda Tubal, nei teatri “il pubblico godeva se poteva deriderci”, il suo pubblico adesso sorride un po’ meno e riflette di più. Allora si capisce che Hitler non è il primo uomo di stato ad aver praticato una “soluzione finale” come rimedio alla questione ebraica. Ci ha pensato Eduardo I sei secoli prima decretando l’espulsione degli ebrei dall’Inghilterra. Colpiti dalla legge, colpiti dalla spada. Nel 1190 tutti i giudei rifugiatisi nel castello di York vengono massacrati, anche quelli cui era stata promessa misericordia in caso di conversione al cattolicesimo. A Tubal, a Shylock  e ad altri ebrei come loro va meglio. Vivono e fanno affari con i cristiani, con tutti. Sono integrati nell’economia del loro tempo. Sono presenti e pure riconoscibili. Camminare nella Venezia del XVI secolo infatti è un po’ come farlo nella Germania nazista. Il pezzo di stoffa che serve a identificarli in pubblico è un contrassegno obbligatorio disposto dal Concilio lateranense di Innocenzo III. L’Europa cristiana distingue e marchia chi di fronte a Pilato ha scelto a gran voce Barabba. L’ebreo è condannato a non sentirsi mai legato al posto in cui risiede. L’ebreo non appartiene a nessun luogo. E’ l’ebreo errante. “Io me ne andrò da qui e troverò riposo, ma anche tu andrai via e non potrai avere riposo finchè io non sarò tornato”. La leggenda mette la maledizione proprio in bocca a Gesù quando sulla via della croce si vede negato il ristoro da uno sprezzante calzolaio di nome Assuero.

György Hunyadkürti a Napoli

Grazie a questi elementi della narrazione di Tubal tutto è più chiaro. Il risentimento, la diffidenza, il dispregio, in una parola l’odio che Shylock porta nei confronti del cristiano Antonio, che presta denaro senza applicare tassi d’interesse, va oltre la semplice disistima professionale. Shylock si ribella al suo stesso personaggio. E’ prigioniero del suo stesso ruolo. Un prototipo classico. L’ebreo, usuraio, malvagio per definizione, che può essere solo malvisto dalle platee. Shylock deve rispettare questo copione. Di conseguenza giudica la bontà di una persona in base alla sua solvibilità, esige una libbra della carne del suo debitore come pegno per il suo prestito e tiene più ai suoi averi della sua stessa figlia. Tubal sa tutto questo e prova a redimere l’amico di fronte allo spettatore anche quando al suo processo la stessa giustizia che lo vuole parte lesa lo trasforma in carnefice e degno solo della grazia che gli eviterebbe una sicura condanna a morte. Shylock esce sconfitto. Punito dalla legge e dal pubblico. Ma allo stesso tempo, adesso, grazie al suo unico amico, prevale su quanti sentenziano credendo di essere immacolati e sull’ottusità di quanti pensano che il male sia prerogativa di una minoranza. “Sono ebreo, - conclude Tubal - pensi che l’ebreo non abbia mani, organi, sentimenti, sensi o passioni? Come il cristiano non è lo stesso inverno che lo gela, la stessa estate che lo scalda? Se ci pungete non sanguiniamo? Se ci avvelenate non moriamo forse? E se ci disonorano non cerchiamo forse vendetta?” In Shylock perde il rancore, perde l’invidia, perde il male. Perde anche l’uguaglianza del genere umano.


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giovedì 1 ottobre 2015

L’UNGHERIA, I MIGRANTI E CINQUE ERRORI DA EVITARE

Migrante siriano alla stazione Keleti di Budapest (foto: MTI)
Se volessimo riassumere tutto con le parole pronunciate da Matteo Renzi all’ultima festa dell’Unità potremmo subito chiudere il discorso dicendo che il premier Viktor Orbán e i milioni di ungheresi che lo hanno votato e che si identificano in lui sono delle bestie. Riteniamo tuttavia opportuno strappare alla facile propaganda il dibattito sulla crisi migratoria restituendole una più dignitosa centralità politica, tanto più ora che media e cronache iniziano ad occuparsi di altro. La drammaticità di alcune immagini rischia di creare assuefazione e i sentimenti di rancore, solidarietà, compassione, indignazione che ne scaturiscono, prima o poi sfuggono via con la stessa velocità con cui si popolano e si spopolano le pagine di un social network. Diventano solo post vecchi. Allora può capitare che un povero corpicino esanime adagiato su una spiaggia turca rimuova dalla coscienza collettiva i singhiozzi e le lacrime di una bambina palestinese mentre Angela Merkel  è intenta a spiegarle come l’asilo politico non possa essere riconosciuto a tutti, nemmeno a suo padre. Così come può capitare che quello stesso povero corpicino si dissolva nella memoria superato da una reporter che si diverte a sgambettare migranti.  Questo rincorrersi e annullarsi di emozioni non è costruttivo ed è solo strumentale allo scaricabarile inscenato ormai da mesi dai governi nazionali. Provando allora a riflettere senza semplificazioni faziose e moralismi, ci sembrano almeno cinque gli errori da evitare.

Primo errore: la solidarietà non va confusa con la sovranità. La prima è una categoria etica personalissima che fa onore a chi la mette in pratica. La seconda è l’elemento costitutivo di uno stato e si fonda sul controllo del suo territorio e delle frontiere che lo delimitano. Quando poi si aderisce a convenzioni internazionali - nella fattispecie Schengen e Dublino - che disciplinano anche gli spostamenti transfrontalieri di cittadini extracomunitari, la responsabilità in capo ai singoli governi è duplice. Il caos generalizzato che si è creato lungo le rotte migratorie abituali che attraverso Balcani e Mediterraneo puntano al centro e al nord Europa, è frutto di un annunciato quanto inevitabile corto circuito. La fuga dei popoli da aree di disagio non è un fatto recente.  La novità è costituita dalle dimensioni e dall’origine dei flussi.  In più nè Schengen nè Dublino sono stati concepiti in una contingenza tale da poter prevedere un afflusso di immigrati così sproporzionato e concentrato nel tempo.

Particolare delle recinzioni sulla frontiera meridionale ungherese
Secondo errore: non si può giudicare la situazione che si è generata nel vecchio continente prescindendo dal collasso dell’ordine che ha retto per circa mezzo secolo alcuni paesi chiave dell’aera mediterranea. Le primavere arabe, efficaci nell’abbattere dittatori, hanno fallito nel tentativo di realizzare nuove forme di organizzazione sociale e politica. Nè tantomeno la comunità internazionale - organizzata e non -  è riuscita a proporre e a produrre delle soluzioni in grado di arginare lo stato di confusione e di guerra civile da cui fuggono ora milioni di profughi vittime di una pluralità di carnefici. Le nazioni pacificate non hanno che due alternative: occuparsi concretamente delle aree di instabilità senza escludere nessuno strumento, uso della forza compreso, oppure assistere consapevolmente da estranei all’esplosione di società incapaci di autogestirsi esponendosi di conseguenza a future crisi umanitarie oltre che ad attivissimi focolai di terrorismo.


Nei pressi di Szeged. (foto:Carlo Angerer NBC News)
Terzo errore: la predilezione per i profughi siriani rischia di creare una inutile discriminazione ed una solidarietà a numero chiuso. E’ difficile capire infatti perchè un cittadino siriano debba avere più diritti rispetto ad un iracheno della provincia di Ninive, ad un afgano di Kunduz o ad un libico di Sirte. Per non parlare di chi vive gli innumerevoli conflitti del continente africano e sfugge ad esempio dal macete di Boko Haram in Nigeria. L’occidente non è nuovo a queste forme di ipocrisia per cui le sofferenze patite sono più o meno degne di nota  a seconda della provenienza del dannato di turno. Affidarsi poi al diritto internazionale per definire il grado di stabilità raggiunto da un paese è risibile.

Quarto errore:  la tentazione di dividere i capi di stato europei in buoni e cattivi ignorando che i primi non sono propriamente immacolati. A guadagnarsi la fama del più cattivo tra i cattivi c’è però il premier ungherese. Ma cosa ha fatto Viktor Orbán per ottenere questo primato? A gennaio, in visita ufficiale a Parigi, tracciando un solco tra i rifugiati politici e i migranti economici, ha solo anticipato uno dei princìpi cardine delle future politiche migratorie fatto proprio nel corso dei mesi  successivi dai governi, Commissione Europea compresa. Ha scelto di erigere delle barriere - temporanee e amovibili -  sulle frontiere meridionali del paese mentre il suo collega inglese Cameron  inviava cani addestrati e materiali di recinzione alla gendarmeria  francese per bloccare i migranti a Calais. Ha deciso l’impiego dell’esercito per  coadiuvare la polizia nella difesa dell’ordine pubblico e nel presidio delle zone di transito ufficialmente riconosciute, quando le forze armate altrove (si veda l’Operazione Strade Sicure in Italia) sono dispiegate con discrezione e senza psicosi nelle principali città con compiti di vigilanza e di lotta alla criminalità. Röszke e Bicske, poi, non meno di Ceuta, Lesbo, Lampedusa, Ventimiglia o il varco dell’Eurotunnel sono i luoghi dove è andata e va in scena l’impreparazione degli stati europei di fronte ad un fenomeno che non può essere gestito se con uno sforzo collettivo e unitario in termini di strategie e risorse.

Migrante in viaggio da Röszke a Budapest (foto: mno.hu)
Quinto errore: non sottovalutare Viktor Orbán quando parla di difesa della cristianità del continente. La questione posta dal premier ungherese non è secondaria. Se al momento la presenza degli immigrati è un problema di ordine pubblico e di emergenza umanitaria, nel lungo termine sarà ineludibile affrontare il tema dell’integrazione. Quale sarà il modello di società proposto dall’Europa alle nuove generazioni ed alle migliaia di musulmani incorporati? Un multiculturalismo laicista da autocensura o una collettività tollerante fiera delle libertà di cui è garante ma rispettosa al tempo stesso delle sue radici cristiane? La vera sfida avrà luogo una volta rimossi gli ostacoli fisici. Parlarne pertanto ora, in questi termini, con schiettezza e con la giusta retorica non può che essere di aiuto, a meno  che la religione non sia considerata un fattore anacronistico e in via di dismissione.



sabato 1 agosto 2015

TRA DOTTRINA POLITICA E DIRITTO: CONOSCIAMO PÉTER PACZOLAY, NUOVO AMBASCIATORE UNGHERESE IN ITALIA

L'incontro con Mattarella e la consegna della lettera di credenziali
Con la consegna della Lettera di credenziali nelle mani del Capo dello Stato Sergio Mattarella il 15 luglio, si è perfezionata e ultimata la procedura di nomina del nuovo ambasciatore della Repubblica d’Ungheria in Italia, S.E. prof. Péter Paczolay. Il nuovo inquilino di Via dei Villini non è un diplomatico di carriera ma presenta un curriculum prestigioso. Fino al febbraio scorso ha ricoperto infatti la carica di presidente della Corte Costituzionale ungherese. Il 15 marzo, in occasione della festa dell’indipendenza nazionale, aveva ricevuto l’Onorificenza al merito della Repubblica d’Ungheria e in quella data l’assegnazione alla sede diplomatica di Roma era probabilmente molto più che in via di definizione.

Péter Paczolay
Non è difficile trovare un legame tra il prof. Paczolay e l’Italia. Chi ne conosce i trascorsi accademici sa che quando fu chiamato dall’ex-professore e amico Mihály Bihari alla cattedra di Scienze politiche, da lui fortemente voluta all’Università ELTE di Budapest, Paczolay era presentato come il maggiore esperto ungherese vivente di Machiavelli. Péter Paczolay è uno dei cosiddetti “professori intercity”. La sua carriera universitaria, dal 1990 al 2005, si divide infatti tra insegnamento e incarichi di dirigente e vice-preside di facoltà a Budapest e a Szeged. Oltre alla dottrina politica - settore disciplinare privilegiato nonchè materia di insegnamento - si distingue per lo studio del diritto costituzionale comparato e del diritto pubblico dei paesi europei. Nel ’90 László Sólyom, primo presidente della Corte Costituzionale, lo vuole al suo fianco prima come consigliere poi come segretario generale dell’istituzione. Con l’elezione di Ferenc Mádl alla presidenza della repubblica nel 2000, Paczolay viene ingaggiato come vice-direttore dell’Ufficio del Presidente (KEH). Sono anni in qui egli si dedica all’applicazione e alle possibilità di esercizio del diritto di veto costituzionale presidenziale. Come conseguenza lo strumento viene utilizzato spesso in quel periodo e in modo politicamente definito bipartisan. A farne le spese saranno sia il primo esecutivo Orbán sia i governi socialisti Medgyessy e Gyurcsány. Sólyom, eletto successore di Mádl nel 2005, ritrova proprio il fidato Paczolay che con il suo lavoro sarà praticamente l’ultimo filtro di tutti gli affari giuridici sottoposti al Capo dello Stato.
La collaborazione tra i due dura pochi mesi perché nel 2006 è all’ordine del giorno la sostituzione di un giudice costituzionale. La forte sponsorizzazione di Sólyom unita alle qualità dell’uomo fanno di Paczolay il terzo caso in assoluto di giudice della Corte Costituzionale eletto per consenso. Si è detto che con un unico posto in palio non si poteva scontentare né la destra né la sinistra ma in Péter Paczolay sia destra che sinistra hanno trovato una figura tanto temibile quanto appropriata a ricoprire quel ruolo con un appoggio trasversale. Egli stesso si è definito in passato “conservatore moderato” ma anche “conservatore liberale”. Dopo soli due anni dalla nomina ottiene la presidenza dell’organo guardiano della Costituzione. Come ha ricordato di recente: “Io sono stato presidente di due Corti Costituzionali distinte: la prima volta quando sono stato votato dai miei colleghi, la seconda volta dal parlamento (in seguito all’approvazione della nuova legge sulla Corte ndr). Un’esperienza bella e rara e molti mi invidiano per questo”.
15 marzo 2015, festa nazionale ungherese. Consegna dell'onorificenza al merito
In una prima fase è stato inevitabile e pressoché perenne il confronto con quello che da più parti è stato definito il suo mentore, László Sólyom, incarnazione di una Corte Costituzionale decisamente protagonista e interventista negli anni del consolidamento democratico. Col tempo però Paczolay ha impresso sempre più il suo timbro in un quadro generale tutt’altro che stabilizzato. L’approvazione della nuova Costituzione, i successivi emendamenti molto criticati in patria e all’estero, una certa limitazione dei poteri della Corte stessa, la supermaggioranza del governo Orbán sono stati tutti momenti in cui una velata tensione tra i vari organi dello stato non è mai sfociata in aperte rotture grazie anche alla presidenza Paczolay.  Conservatore nelle questioni etiche, liberale quando si trattava di decidere sui diritti di libertá, il suo programma, come ha ribadito in uno dei suoi ultimi interventi da presidente, è stato quello “di infondere lo stato di diritto come elemento fondamentale nel funzionamento della Corte”. “Se la Corte - ha aggiunto - partorisce delle decisioni tra esse contrastanti non rafforza lo stato di diritto ma ne scava la fossa” . Quello  che lascia in eredità è un vero “testamento politico ovvero che i suoi successori devono sempre perseverare nel produrre sentenze coerenti”. 

A febbraio, in quello che è stato un congedo ufficioso dalla toga, di fronte all’Accademia Ungherese delle Scienze ha detto: ”Me ne vado soddisfatto, ma con questo non voglio dire che continuerei”. Continua tuttavia il servizio all’Ungheria di Péter Paczolay nella forma istituzionale più alta ovvero quella di capo missione diplomatica all’estero. Resta da vedere se Roma sarà la tappa iniziale di una nuova carriera o il coronamento di una già ricca esperienza di vita.
      

domenica 26 aprile 2015

NAPOLI E UNGHERIA UNITE DAL MEDIOEVO:STORIA E ARTE NEL LIBRO DI MÁRIA PROKOPP

Napoli e Ungheria sono molto più vicine di quanto si possa pensare. Questo legame affonda le sue radici nella storia medioevale e ruota attorno alla figura della regina Maria d’Ungheria andata in sposa a Carlo II d’Angiò. Un libro di Mária Prokopp racconta la storia di questo intreccio dinastico attraverso l’arte e i monumenti ovvero  i segni più tangibili che ne sono derivati e di cui tuttora Napoli è beneficiaria. Una trattazione fluida e ricca di documentazione fotografica per testimoniare quella che da più parti è definita ”l’età dell’oro” del capoluogo partenopeo alla cui fioritura ha partecipato una serie di sovrani di origini magiare.

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Per capire come mai lo stemma degli Árpád, la prima dinastia di sovrani magiari, possa ornare e sovrastare la facciata del duomo di Napoli basta leggere il nuovo libro della professoressa Mária Prokopp, “Ricordi ungheresi medievali a Napoli”. Mediante un percorso fatto di puntuali riferimenti storici che coprono un arco temporale di circa duecento anni a partire dalla seconda metá del 1200, la professoressa Prokopp, ordinario di Storia dell’Arte presso l’Università degli studi Eötvös Lóránd (ELTE) di Budapest, ricostruisce la cronologia della presenza ungherese nell’arte e nell’architettura napoletana. La trattazione è accompagnata da una ricca e dettagliata documentazione fotografica curata dall’ingegnere Horváth Zoltán György. Il volume edito da Romanika - casa editrice molto attenta alla diffusione del patrimonio culturale magiaro - si aggiunge ad altri lavori che in passato hanno avuto come oggetto le tracce e i monumenti ungheresi in Italia e a Roma.
 
Amedeo Di Francesco e Pierluigi Leone De Castris


L’ultima opera di Mária Prokopp, presentata al pubblico napoletano la scorsa settimana al caffè letterario del complesso di San Domenico Maggiore, si occupa in particolare del periodo angioino che senza alcun dubbio “può essere considerato l’età dell’oro per Napoli”, come ricorda il professore Amedeo Di Francesco nella sua relazione introduttiva.”E’ innaturale - sottolinea Di Francesco che insegna lingua e letteratura ungherese all’Università degli studi L’Orientale - parlare della Napoli angioina senza parlare di Ungheria”. Tutto ruota attorno alla figura di Maria d’Ungheria che entra nella storia del regno di Napoli attraverso il suo matrimonio con Carlo II d’Angiò. Gli effetti di questa unione si protraggono per diverse generazioni di sovrani napoletani e ungheresi. Nella cronologia della millenaria monarchia magiara si distingue ad esempio chiaramente la ”fase dei re angioini”. Il professore Di Francesco fa riemergere questa fusione dinastica elencando una serie di importanti richiami letterari. Carlo Martello, figlio della regina Maria, è il protagonista dell’ottavo canto del Paradiso di Dante. Andrea d’Ungheria brutalmente assassinato per intrighi di potere è invece il ”puer alti animi” di cui scrive Petrarca in una sua epistola delle Familiares. Imre Madách poi, scrittore ungherese dell’ottocento, dedica agli angioini una intera trilogia.
Pierluigi Leone De Castris

L’eredità più tangibile resta tuttavia quella affidata all’arte e i segni lasciati dagli angioini, negli anni trattati da Mária Prokopp, sono caratterizzanti non solo quell’epoca. Sono tuttora i simboli di una città. Le basiliche di San Lorenzo Maggiore, di Santa Chiara, lo stesso complesso di San Domenico Maggiore e il duomo, oltre ad appartenere al medesimo profilo architettonico, sono legate alla profonda devozione e alle vicende personali di una famiglia di regnanti che ha tra le sue figure di spicco proprio Maria d’Ungheria. Ne parla nella sua relazione il professore Pierluigi Leone De Castris, docente di storia dell’arte moderna all’Università Suor Orsola Benincasa, mettendo in risalto i pregi, la personalità, le doti di questa regina. Una donna dal carattere forte, lungimirante, amante e cultrice dello sfarzo ma al tempo stesso devota e umile nella preghiera.  Prima di tutto madre, di tredici figli, tra cui si distinguono principalmente due re ed un santo, quel Ludovico vescovo di Tolosa santificato proprio in sua presenza a significare quasi il riconoscimento della divinità della stirpe reale Árpád-Angiò (beata stirps). Maria è regina di Napoli e lo è anche quando rimane vedova. Difende strenuamente la doppiezza del trono magiaro e napoletano in favore del nipote Carlo divenuto precocemente re d’Ungheria. Di fronte alla prepotenza e alla caparbietà senza scrupoli del figlio terzogenito Roberto nel guadagnarsi la corona di Napoli, stanca di una politica fatta di troppe bassezze e  colpi di mano si ritira in convento insieme alle clarisse. Chiude la sua esistenza nella riflessione e nell’esperienza della vita monastica, ritornando idealmente alle origini.  Si può infatti intuire come nella sua educazione abbia influito l’avere avuto in famiglia Santa Elisabetta e Santa Margherita d’Ungheria, rispettivamente zia del padre e zia paterna.

La professoressa Mária Prokopp

La predilezione per l’ordine francescano, di cui divenne anche terziaria, non inibisce tuttavia il gusto della regina per il lusso come dimostra una commissione - documentata - di 4600 pelli e piumaggi di pavone. Il patrimonio personale di Maria d’Ungheria è stato valutato in quattromila once, una cifra pari ad un decimo delle entrate dell’intero Regno di Sicilia, un autentico tesoro in buona parte investito in numerose attività di mecenatismo. Si ricordano tra gli altri le sovvenzioni per alcuni affreschi nella Chiesa inferiore della Basilica di San Francesco ad Assisi. Il nome della sovrana si lega però alla cosiddetta “opus manuum suarum” per eccellenza, il complesso di Santa Maria di Donnaregina, realizzazione fortemente voluta da Maria e donata alle clarisse orfane del loro convento distrutto da un terremoto e la cui chiesa ne ospiterà anche il monumento funebre. La memoria di questa sovrana ungherese è così affidata alle opere e ai monumenti di cui è stata committente e finanziatrice.

“Ricordi ungheresi medievali a Napoli” della professoressa Prokopp, presentato grazie al patrocinio del Consolato ungherese e dell’associazione culturale che porta il nome non casuale della regina Maria d’Ungheria, è un manuale di facile lettura, in cui la dimensione scientifica del testo si fonde con quella divulgativa. Nelle pagine del libro, grazie all’arte e alla storia, si legge un messaggio valido per le generazioni attuali. La Napoli angioina, baricentro di un regno che racchiude in sè la compenente francese e provenzale, mediterranea e orientale, che estende le sue mire fino a Gerusalemme e al Danubio, sembra essere lontanissimo precursore del progetto di unità del continente europeo. Il lascito del dominio angioino arricchito, come descritto, dall’elemento magiaro è artistico e politico al tempo stesso. La cultura europea non va solo conservata, ma continuata.

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mercoledì 18 marzo 2015

FESTA NAZIONALE UNGHERESE A NAPOLI:LA COMUNITA' INCONTRA IL PREFETTO

Rappresentanti della comunità ungherese a Napoli in Prefettura
Quest'anno la ricorrenza del 15 marzo, in cui si celebra il ricordo della guerra d'indipendenza ungherese del 1848-49, è stata occasione di incontro tra la piccola comunità magiara di Napoli e il nuovo prefetto della città Gerarda Pantalone. La massima autorità governativa sul territorio ha aperto le porte del suo studio privato ad uno scambio in cui formalità e informalità si sono coniugate per dar vita ad una piacevole conversazione. La circostanza non è casuale se si considera che Garibaldi affidò la prima esperienza di governo di Napoli ad un ungherese, Stefano Türr. L'effige del generale danubiano è poi riprodotta in un pannello scolpito esposto proprio su una delle pareti esterne del palazzo della Prefettura. L'opera fu inaugurata nel 2002 dal presidente della repubblica ungherese Ferenc Mádl , primo capo di stato in visita ufficiale a Napoli dal 1963, quando era stato John Kennedy a sfilare per le vie della città. Da allora l'omaggio a Stefano Türr è un appuntamento fisso, come ricorda al prefetto Judith Jámbor, presidente dell'associazione "Maria d'Ungheria Regina di Napoli", organizzatrice dell'evento insieme al Consolato d'Ungheria.

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venerdì 20 febbraio 2015

PUTIN A BUDAPEST: PICCOLO VALZER DI OPINIONI SULLA STAMPA ESTERA

Orbán e Putin a colloquio nell'Ufficio del premier ungherese al Parlamento
Per alcune ore martedì scorso l’attenzione della stampa internazionale si è concentrata su Budapest dove il Presidente russo Vladimir Putin è stato in visita ufficiale. Offriamo una breve rassegna stampa così come raccolta dal portale del quotidiano Népszabadság.

Il New York Times nella sua corrispondenza parla del viaggio di Putin come decisamente più dimesso rispetto alla “marcia trionfale” dell’ottobre scorso in Serbia, tanto per le difficoltà economiche russe – si ipotizza – quanto per la necessità del premier Viktor Orbán di ricucire con l’Occidente. Il leader russo si è visto in pubblico solo al momento della conferenza stampa congiunta in cui si è mantenuto comunque un basso profilo.  Non sono stati toccati argomenti scomodi per entrambi del tipo Ucraina (sponda russa) o cenni su  "democrazia illiberale"rifiuto di migranti economici (sponda ungherese).
  
Il Washington Post espone l’oggetto degli accordi firmati dai due leader, in particolare mette in risalto il favore e l’impegno di Mosca nel finanziare, costruire, e alimentare con combustibile la centrale atomica Paks-2, in grado di assicurare un quarto della fornitura di energia elettrica dell’intera Ungheria. Secondo il quotidiano l’investimento è volto a guadagnare la lealtà ungherese ed una maggiore influenza nel paese. “A quanto pare sembra essere la strategia giusta - scrive WP - considerando i favori politici e diplomatici offerti alla Russia ed elargiti col chiaro intento di strappare prezzi del gas più bassi”. Secondo una fonte diplomatica anonima esperta di questioni magiare riportata dal giornale, l’obiettivo non dichiarato della Russia è quello di rompere l’unità europea servendosi proprio degli stati più deboli. L’Ungheria dal punto di vista energetico è assoggettata. L’impegno russo nel nuovo reattore nucleare ungherese è stato dunque ripagato con un dono gradito e atteso da Putin: la possibilità di andare in visita in una capitale europea.
L'impianto nucleare di Paks in Ungheria

WP  fa anche notare come per quanto l’Ungheria abbia fatto di tutto per non caricare di significati diversi da quelli del business l’accordo del reattore di Paks e la visita di Putin, la Russia non distingue mai la politica dagli affari. Risulta poi che l’Ungheria proprio in virtù del citato accordo sia entrata in contatto con due uomini d’affari vicini al presidente russo, iscritti tra l’aprile e il luglio scorsi nella “lista nera” delle sanzioni di USA e UE scaturite dalla vicenda ucraina. Si tratterebbe di Dmitrij Kozak e Boris Gryzlov rispettivamente presidente del consiglio di amministrazione delle banche coinvolte nel progetto Paks e presidente del consiglio di amministrazione dell’agenzia atomica russa Rosatom. WP conclude con le dichiarazioni del commissario del governo ungherese per l’allargamento di Paks Attila Aszódi che, interpellato sulla questione, nega la conoscenza di simili relazioni assicurando al contrario che il ruolo dei politici in affari simili è “molto piccola”.

Secondo il Wall Street Journal la visita di Putin in Ungheria è parte di un percorso di riequilibrio tra Est e Ovest di Viktor Orbán. Se infatti negli ultimi tempi il premier magiaro ha da un lato scontentato Bruxelles con misure di accentramento del potere, con la riscrittura della costituzione e con la più recente teoria della democrazia illiberale, si è mantenuto tuttavia fortemente fedele alle membership NATO e UE.

Maggiore scetticismo è manifestato dal Financial Times che ha sottolineato l’ironia nascosta del gesto con cui Putin ha reso onore ai soldati russi morti in Ungheria nel 1956 senza fare lo stesso con le vittime della rivoluzione.  Per il quotidiano britannico la tappa ungherese di Putin è la dimostrazione che in Europa ci sono ancora capitali dove viene festeggiato nonché la constatazione per l’Occidente che la Russia ha ancora influenza sull’Europa orientale e che la dipendenza energetica da Mosca è destinata a perpetuarsi.




sabato 29 novembre 2014

PONTI-EPOCHE-BUDAPEST A NAPOLI…NON E’ SOLO UNA MOSTRA



Una foto del ponte Elisabetta durante la ricostruzione negli anni 60
Dopo Strasburgo, Bruxelles, Lubiana, Maribor, Bucarest e Roma, la mostra Ponti-Epoche-Budapest fa tappa a Napoli. L’inaugurazione ufficiale giovedì scorso, nell’antisala del Consiglio provinciale di Napoli presso il complesso di Santa Maria La Nova. Moderatrice dell’evento Judith Jámbor Katalin (nella foto in basso), presidente dell’Associazione culturale “Maria d’Ungheria Regina di Napoli” cui va il merito, insieme al Consolato onorario d’Ungheria a Napoli, di aver inserito il capoluogo partenopeo nell’iniziativa.

Molto nutrita la rappresentanza istituzionale a partire dall’assessore provinciale alla cultura Francesco De Giovanni di Santa Severina e dal console onorario Andrea Amatucci. Nei loro interventi sono state riconosciute la validità e la potenzialità di manifestazioni del genere in un contesto socio-economico particolarmente complesso e problematico come quello napoletano. La sinergia tra istituzioni sul piano artistico e scientifico è un elemento imprescindibile nell’organizzazione di eventi che riescono a trasmettere dei valori anche alla luce della storia e delle comuni esperienze passate. Napoli e Budapest, il cui gemellaggio a partire dal 1997 è stato menzionato da László Gálantai addetto agli Affari politici dell’Ambasciata d’Ungheria in Roma, non hanno in comune solo l’acqua nelle sue forme marina e fluviale. I destini delle due città sono stati legati da figure femminili di rilievo come la regina consorte Maria d’Ungheria e Beatrice, moglie del sovrano rinascimentale magiaro Mattia Corvino.

La dottoressa Judith Jámbor
Ponti-Epoche-Budapest “è al tempo stesso storia e storia dell’arte”, ha spiegato Péter Módos, presidente della fondazione Európai utas (Viaggiatore europeo), è una mostra fotografica di 29 pannelli e di brani didascalici dedicati alla capitale ungherese ed alle sue infrastrutture più caratteristiche dal punto di vista storico, architettonico, turistico: i ponti. Nel saluto scritto del sindaco di Budapest, István Tarlós, inoltrato proprio per l’apertura della rassegna, si legge che “le immagini esposte abbracciano più di due secoli della storia della città di Budapest e illustrano anche quella dell’Ungheria, infatti la città è sempre il centro degli avvenimenti storici del Paese, come la rivoluzione e lotta di liberazione contro gli Asburgo del 1848-49, la seconda guerra mondiale, del 1945, l’assedio della città, oppure il 1956, la rivoluzione e la sua oppressione”. Il primo cittadino di Budapest ripercorre nel suo messaggio la tragicità di alcuni eventi immortalata proprio dai rottami nel Danubio ghiacciato del Ponte delle Catene fatto esplodere dai nazisti, oppure dai tank sovietici a bloccare il Ponte Margherita. Oggi quegli stessi ponti sono il simbolo paesaggistico migliore della capitale magiara in un contesto panoramico unico in cui si sposano fiume, pianura e colli.

I contributi istituzionali alla mostra hanno introdotto un successivo approfondimento culturale offerto dagli interventi di Amedeo Di Francesco, professore ordinario di Lingua e Letteratura ungherese all’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, e di László Csorba, direttore del Museo Nazionale di Budapest. 

Gli spunti di riflessione offerti dal professor Di Francesco partono dalla letteratura magiara e portano a considerare un aspetto: i ponti di Budapest sono sempre stati e sono tuttora un punto di osservazione privilegiato, uno spazio fisico che invita alla riflessione. In altre parole l’incontro tra le case prospicienti il fiume e il fiume stesso è fonte di ispirazione comune per tanti poeti e scrittori nel modellare le loro considerazioni sulla storia, sul mondo. Così allora Gyula Illyés pensando al ponte delle catene ed al suo ideatore, il patriota risorgimentale ungherese István Széchenyi, scrive: ”il ponte vale più dei sui libri”, a significare come un’opera materiale sia così determinante da incarnare l’idea dell’ unificazione nazionale ancor più di uno scritto o di tanti discorsi. Il ponte delle catene non è tuttavia il solo a figurare nelle antologie ungheresi. János Arany, grande poeta ottocentesco, sceglie il ponte Margherita per titolare i versi del suo Híd-avatás (L’Inaugurazione del ponte) e Sándor Weöres riferendosi al ponte Elisabetta dirà che è quello che in inverno non si vede, immerso com’è nelle nebbie molto frequenti del periodo. Quanto detto riguarda i ponti reali ma l’immagine che il professor Di Francesco vuole lasciare è ideale: “l’Ungheria stessa è ponte tra sé stessa è il mondo, tra Oriente e Occidente, un tassello nella costruzione dell’Europa”.

La ricostruzione storica della mostra è affidata invece al professor Csorba la cui relazione parte dal Medioevo, quando la capitale dell’Ungheria è solo Buda collegata a Pest - fulcro dello sviluppo economico dell’intera area - attraverso un ponte non permanente adagiato sul fiume e rimosso ad ogni fine della stagione calda. Csorba sofferma la sua esposizione su quello che è il vero simbolo della città, sul primo ponte di Budapest, il Lánchíd (Ponte delle Catene). Inevitabile l’accostamento con il suo ideatore, István Széchenyi, e segnatamente con la sua esperienza britannica. Széchenyi resta affascinato dall’Inghilterra, dagli stili architettonici, dall’illuminazione pubblica dai sistemi di scarico idrico, water closet compresi. Ma a colpirlo maggiormente sono le macchine, gli allevamenti di cavalli e la Costituzione. Il parlamentarismo liberale inglese come modello di composizione e organizzazione della comunità nazionale avrà una notevole presa sul politico ungherese. Inglese sarà anche il progettista del Ponte delle Catene, quel William Tierney Clark tra i pionieri nell’ideazione di ponti a sospensione. L’Hammersmith Bridge di Clark sul Tamigi si può considerare la prova generale del Lánchíd ovvero del ”GREAT SUSPENSION BRIDGE OVER DANUBE”, come si legge sulla tomba dell’ingegnere d’oltremanica. Il Lánchíd è l’opera che caratterizza una città, un’epoca, un uomo. Anche per questo Kossuth Lajos definisce Széchenyi ”il più grande magiaro”.




La mostra Ponti-Epoche-Budapest, che resterà visitabile fino al prossimo 10 dicembre, è un biglietto da visita speciale per la città che, come ha sottolineato il professor Di Francesco, “ora è il meglio dell’attuale Ungheria”. Unanime è stata in conclusione la manifestazione di un intento, di una speranza: vedere realizzato un altro ponte virtuale nel prossimo futuro con una mostra su Napoli a Budapest.

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